In una tenuta di campagna c’è una tavola apparecchiata per il tè sotto ad un vecchio pioppo. Poco più in là, dondola un’altalena.
L’atmosfera tranquilla e serena non rispecchia il tumulto disordinato dei cuori. La vita quotidiana e monotona che Vanja, sua nipote Sonja, l’anziana maman Marija, Telegin e il dottor Astrov, conducono in quella residenza di proprietà del professor Serebrjakov, viene stravolta dall’arrivo dello stesso illustre accademico e dalla sua bellissima seconda moglie Elena…
Questi personaggi non sono eroi o eroine, ma persone semplici che ci raccontano il semplice flusso della vita. Della vita di tutti noi. Ed è per questo che ci sentiamo così vicini ed empatici a queste anime smarrite.
Le loro passioni sono le nostre passioni, i loro slanci, le loro delusioni sono le stesse emozioni che accompagnano la nostra vita.
Ogni personaggio insegue un proprio pensiero, una propria ispirazione. Ognuno declama i propri sogni, le proprie sofferenze, che non si incontrano però mai con quelle degli altri personaggi. Parlano a se stessi. I dialoghi non sono mai un vero scambio, un vero dialogo. I personaggi sembrano intrappolati in soliloqui che denunciano la loro incapacità di comunicare.
Ogni personaggio anela al bello, al riscatto, all’amore: tutti però incapaci di agire.
Così come in Beckett i due clown Vladimiro ed Estragone attendono Godot, così i personaggi di Čechov attendono, invano anch’essi, la felicità e un futuro migliore.