Da uno specchio, superficie ambigua e inquietante, emerge un giorno per Vitangelo Moscarda, un volto di sé finora ignorato: un naso in pendenza verso destra. Questo avvenimento provoca in lui una profonda crisi. E infine la consapevolezza agghiacciante che a sua immagine negli occhi degli altri è lontana anni luce da quella che egli ha di se stesso. di qui una presa d’atto ancora più inquietante: egli non è uno, come aveva creduto sino a quel momento, ma ‘centomila’, nel riflesso delle prospettive degli altri, e quindi nessuno. La realtà banale e paradossale dell’uomo in relazione a sè stesso ed agli altri è il filo rosso di una storia nella quale ciascuno è costretto a riconoscersi.
Si rivolge direttamente al pubblico ( così come il romanzo si rivolge direttamente al lettore ): racconta la sua storia e nel farlo si confida, si confessa, rivive il suo lancinante viaggio interiore.
Un viaggio che lo porta ad affermare che , oltre a tutto il resto, non ha più bisogno di un nome, perché i nomi convengono ai morti, a chi ha concluso. Lui è vivo e non conclude. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita.